ROBERTO BAGGIO ||| 34 FRASI che lo rendono IMMORTALE

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🔘ROBERTO BAGGIO ||| 34 FRASI che lo rendono IMMORTALE🔘

Oggi vogliamo raccontarvi la storia di Roberto Baggio, il numero 10 dei numeri, attraverso le sue citazioni. Le sue parole spiegano perfettamente chi è il Divin Codino.

“Ero un malato di calcio. Già a sei anni giocavo con una pallina da tennis o una palla di carta bagnata e indurita sul termosifone: insomma, giocavo con tutto ciò che aveva una qualche forma sferica. Il campo da calcio era il nostro corridoio di casa. Misurava due metri per sette, era perfetto per giocarci due contro due. In quel corridoio c'era tutto: le gradinate, la curva, le urla dei tifosi. Il bagno era la porta. Mi facevo la radiocronaca da solo, i gol li segnavo tutti io. Era fantastico. Solo quando andavo a letto, e l'emozione svaniva, mi rattristavo, e mi dicevo che sarei dovuto crescere in fretta, per trovare una squadra e uscire da quel corridoio”.

“Giocavo davanti all'officina di mio padre, anche da solo, contro il muro: destro,
sinistro, destro, al volo, spaccata, rovesciata. Il Pallone d'oro me l'avrebbero dovuto dare fin da allora. Più volte ho rotto qualche neon. I miei genitori si arrabbiavano, ma sapevo essere ruffiano. Chiedevo scusa, facevo gli occhi dolci, finiva lì. Al punto che, quando pioveva, mio padre mi permetteva di giocare dentro il magazzino. E puntualmente sfasciavo tutto".

“Volevo sempre giocare con quelli più grandi di me. Ero testardo: se non mi facevano giocare a calcio, piantavo delle grane incredibili. Una volta mio fratello Walter si vide costretto a portarmi perché mancavano alcuni giocatori titolari. Da allora non ho più smesso. Ogni luogo era buono per giocare. Bastavano due magliette per fare le porte, qualcosa di rotondo, e giocavamo senza fermarci mai, spesso sotto un sole dannato. Ma chi se ne accorgeva, del caldo?”.

“In seconda media mi hanno bocciato. Ero sveglio, ma non mi applicavo. Per me, studiare voleva dire sottrarre tempo all'allenamento. I nostri tempi erano folli: uscivamo da scuola, affiggevamo un cartello con le formazioni e la scritta: "Chi non si presenta al campo, non giocherà mai più". Era una minaccia spaventosa, infatti non mancava mai nessuno. Dopo due ore di partitella, magari sotto un sole che ti cavava il cervello, si andava agli allenamenti. Senza mangiare. Ritmi assurdi. Non avevo tempo per studiare".
4 سال پیش در تاریخ 1399/08/01 منتشر شده است.
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